domenica 15 marzo 2020

Un mercato per la negoziazione delle minusvalenze


Questo post vuole essere una proposta per la Borsa Italiana, la Consob, Banca d'Italia, il Ministero dell'Economia dello Stato Italiano, Il Governo e il Parlamento Italiani.

In sintesi l'articolo propone di rendere scambiabili le Minusvalenze di ciascun investitore privato, per mezzo della creazione di un apposito mercato che dovrebbe essere gestito da Borsa Italiana.

Ma partiamo, innanzi tutto, da alcune definizioni e concetti fondamentali, che sono la premessa e la base per comprendere l'argomento e la proposta di questo post.
Chi è già esperto può saltare direttamente ai punti successivi.

1) Conto corrente.
Tutti ormai sanno cosa sia un conto corrente e a cosa serva; in definitiva, il conto corrente serve per tutte le operazioni di banking: accredito stipendio, pagamento utenze, addebito delle carte di debito e credito ad esso collegate, utilizzo di assegni, invio bonifici singoli o continuativi, incasso affitti, etc...
Ormai, con rare eccezioni, il conto non ha più un tasso creditore, quindi la giacenza sul conto non genera rendimenti. Anzi, nella maggior parte dei casi, si paga un canone (a volte azzerato per un periodo limitato o azzerabile a fronte del verificarsi di alcune condizioni), per poter usufruire di tutti i servizi di banking messi a disposizione dalla banca al cliente.
Nota: se la giacenza media del conto corrente supera i 5.000 euro, la banca è costretta ad applicare i bolli dello stato che ammontano a 34,20 euro all'anno. Non sono costi della banca ma dello stato.
Alcune banche li applicano trimestralmente (quindi sulla giacenza media del trimestre solare superiore ai 5.000 euro addebitano 8,55 euro di bolli dello stato, ovvero i 34,20 annuali divisi per 4), altre annualmente.

2) Deposito (o Dossier) Titoli.
Quasi tutti sanno che, contestualmente all'apertura del conto corrente, la banca apre e collega al conto stesso un Dossier Titoli, che il cliente può utilizzare nel caso proceda ad acquistare titoli sul mercato o a trasferirli dal Dossier titoli che ha presso altra banca verso la nuova.
Già da alcuni anni, se il conto corrente è cointestato, oltre al Dossier Principale comune a tutti i cointestatari, che andrà a contenere tutti i titoli al portatore (titoli di stato, obbligazioni, fondi, ETF, ETC, certificati, etc...), vengono create delle sottorubriche (una per ogni cointestatario) dove verranno inseriti e custoditi i titoli nominativi, classicamente i titoli azionari.
Il Dossier Titoli vuoto non comporta alcun costo. Dal momento in cui invece comincia a contenere uno o più titoli, il cliente potrebbe trovarsi addebitato un costo periodico di mantenimento e custodia titoli del Dossier, applicato dalla Banca (anche se molte ormai offrono il servizio gratuitamente). Quello che invece tutti i clienti dovranno sicuramente pagare sono i bolli sull'importo medio totale dei titoli contenuti nel Dossier stesso. Anche in questo caso, sono bolli dello Stato che la Banca non trattiene ma versa direttamente. L'importo da pagare non è fisso ma, in percentuale, il 2 per mille annuale, ovvero lo 0,2%, sull'importo totale medio del portafoglio titoli del cliente. Anche in questo caso, alcune Banche lo addebitano trimestralmente, altre annualmente.

3) Lo Zainetto Fiscale: cosa è e a cosa serve.
Non tutti sanno invece che la Banca, contestualmente alla prima apertura di un conto corrente da parte di un nuovo cliente (indipendentemente dal fatto che sia un conto mono-intestato oppure no), crea al nuovo cliente uno Zainetto Fiscale, che sarà sempre unico e legato univocamente al cliente, anche nel caso in cui il cliente apra ulteriori conti conti correnti a proprio nome, o in cointestazione con altri, con la stessa Banca. Questo Zainetto Fiscale, inizialmente vuoto, andrà eventualmente a contenere le minusvalenze generate dal cliente su uno o più dei suoi conti con la stessa Banca e terrà traccia delle quantità di minusvalenze generate o recuperate, oltre che delle scadenze temporali delle minusvalenze ancora presenti nello Zainetto Fiscale stesso.

4) Cosa sono le Minusvalenze?
Quando un investitore o trader privato conclude una operazione di compravendita su un qualsiasi strumento finanziario, tale operazione si può concludere con un guadagno o una perdita.
Molto raramente, ma può capitare, l'operazione si può concludere in parità, ovvero senza perdite, né guadagni.
Quando si conclude una operazione di compravendita con un guadagno, ovvero quello che con termine inglese viene definito un "Capital Gain", lo Stato Italiano richiede normalmente il pagamento di una tassa sull'importo guadagnato, appunto, la tassa sul Capital Gain.
Tale tassa è attualmente del 26% sull'importo guadagnato, al netto dei costi di negoziazione.
Ciò vuol dire che, su un guadagno di 1.000 euro, lo Stato Italiano incassa normalmente (vedremo successivamente quando questo non avviene) 260 euro di tasse. L'investitore che, in fase di apertura del conto corrente e relativo deposito titoli con la propria banca, ha optato per il regime fiscale "amministrato", si vedrà addebitato direttamente tale importo dalla Banca, che, appunto, "amministra" direttamente il cliente; il cliente quindi si può disinteressare della gestione di questo aspetto fiscale; ci pensa la Banca. Chi invece ha optato per il regime "dichiarativo" (obbligatorio per persone giuridiche, facoltativo per persone fisiche), dovrà tenere traccia di tutte le operazioni concluse nell'anno solare e riportare il tutto nella dichiarazione dei redditi, di solito con costi non trascurabili, se la cosa è gestita dal commercialista.
Fanno eccezione i titoli di stato italiano, quelli dei paesi in white-list e le obbligazioni degli enti sovranazionali, come, ad esempio, la BEI (Banca Europea per gli Investimenti). Per questi titoli la tassazione sul capital gain è del 12,5%, anziché del 26%.
Quando, invece, si conclude una operazione di compravendita di un qualsiasi strumento finanziario con una perdita, lo Stato non partecipa alla nostra perdita accollandosene una parte; in questo caso, l'unica concessione che fa lo Stato è quella di tenere memoria di questa perdita, memorizzandola, appunto, all'interno dello Zainetto fiscale di chi ha subito la perdita.
A questo punto, l'investitore/trader che ha subito la perdita avrà (a partire dal giorno stesso in cui ha subito la perdita) tutta la rimanente parte dell'anno in cui ha subito la perdita e i successivi 4 anni per fare una a più operazioni in guadagno (ma solo su strumenti che diano reddito diverso, vedi punto 5), che vadano a recuperare le minusvalenze accumulate nello zainetto fiscale.
In questo caso lo stato non chiederà il pagamento della tassa sul capital gain o lo chiederà solo sulla parte di guadagno che eccede la perdita accumulata in precedenza e presente nello zainetto fiscale.
Tornando all'esempio precedente, in cui siano presenti 1.000 euro nello zainetto fiscale, chiudendo una compravendita, ad esempio su azioni, con un guadagno di 1.500, lo stato chiederà di pagare la tassa al 26% solo sui 500 che eccedono il recupero dei 1.000 presenti nello zainetto fiscale.
Quindi verrà pagata una tassa di 130 euro (il 26% su 500 euro), anziché di 390 euro (il 26% su 1.500 euro).

5) Redditi diversi e redditi di capitale
Senza entrare nel merito del perché sia stata fatta questa classificazione, riporto qui l'elenco degli strumenti finanziari utilizzabili sul mercato, come sono stati classificati e, nell'ultima colonna, l'indicazione se, in caso di guadagno, facciano, oppure no, recuperare le eventuali minusvalenze presenti nello zainetto fiscale.

Sappiate comunque che tutti questi strumenti, nessuno escluso, generano minusvalenze
in caso di operazione chiusa con una perdita. Mentre, come potete vedere nella tabella, solo alcuni di essi consentono di recuperare minusvalenze e solo i Certificati permettono di recuperarle anche con le cedole. Per questo motivo, i Certificati possono essere considerati gli strumenti più efficienti fiscalmente, ma questo argomento potrà essere approfondito in un altro eventuale post dedicato.
In caso di conto corrente cointestato, è bene sapere che, in presenza di sottorubriche (cosa ormai normale per un conto corrente che non sia particolarmente datato), le plusvalenze e le minusvalenze generate con qualsiasi strumento, diverse dalle azioni (che sono nominative), verranno suddivise in percentuale tra gli zainetti fiscali dei cointestatari (quindi al 50% se sono 2; al 33,3% se sono 3, e così via); mentre, appunto, nel caso di operazione su strumenti nominativi, come le azioni, agiranno solo sullo zainetto fiscale del cointestatario che le ha acquistate e poi vendute e che quindi le aveva solo nella sua sottorubrica.
Per ora è importante cominciare a notare come ci sia una forte asimmetria tra il numero di strumenti finanziari che possono far generare minusvalenze (tutti) e quelli che le possono fare recuperare.
In pratica, chi subisce una perdita e genera una minusvalenza con i fondi di investimento o con gli ETF (Exchange Traded Fund), dovrà, se vuole cercare di recuperarla, affidarsi a strumenti come azioni, ETC, derivati e Certificati, che sono asset, in generale, decisamente più rischiosi.
Non ho citato le obbligazioni, in quanto, fare grandi recuperi di minusvalenze con le obbligazioni, comporta di operare con grandi quantità di denaro o con obbligazioni non investment grade o in valuta, quindi con strumenti che sono, comunque, a rischio medio-alto.
Senza contare che, dividendi e cedole di azioni, ETF e obbligazioni non fanno recuperare minusvalenze ma vengono comunque tassati.
Solo le cedole dei certificati sono considerate reddito diverso e quindi consentono di far recuperare minusvalenze.
A mio parere, così come capita per le spese deducibili di una azienda o di un privato, lo stato dovrebbe consentire, anche per le minusvalenze, di accumulare un credito di imposta deducibile dalle tasse o comunque incassabile nel caso non ci fossero redditi su cui effettuare la deduzione.
E dovrebbe consentirlo indistintamente su ogni strumento finanziario.
Quindi, dovrebbe consentire di poterle recuperare (oltre che generare), con qualsiasi strumento finanziario.
Questa sarebbe un 'ottima decisione, indipendentemente dalla realizzazione della proposta che segue e che è anche l'oggetto di questo post.

UN MERCATO PER LA NEGOZIAZIONE DELLE MINUSVALENZE

Di fatto, 1 euro presente nello zainetto fiscale di ognuno di noi ha un valore intrinseco di 26 centesimi, poiché quello potrà essere il risparmio che otterremmo in caso di una successiva plusvalenza di 1 euro.
La mia proposta è quindi quella di creare un mercato per la negoziazione delle minusvalenze che ognuno di noi può aver accumulato nel proprio zainetto fiscale.
Considerando 1 minusvalenza = 1 euro, ne deriva che questa avrebbe una quotazione compresa tra zero e 26 centesimi:

0 <= valore di una minusvalenza <= 0,26€

Potremmo anche togliere il simbolo di uguale dalle due disequazioni, perché mi sembra scontato che nessuno comprerebbe delle minusvalenze da 1 euro a 26 centesimi, potendone poi ricavare al massimo 26 centesimi, così come dubito che qualcuno regali le proprie minusvalenze.
A questo punto tanto varrebbe lasciarle scadere.

Lasciando quindi perdere gli estremi del range di oscillazione, perché la quotazione delle minusvalenze dovrebbe oscillare?
Semplicemente per il meccanismo di domanda e offerta e per la presenza nel book di contrattazione di offerte in denaro e in lettera a prezzi differenti.
In un momento come quello attuale, in cui ci sono stati forti ribassi dovuti sia all'effetto dell'epidemia da Corona Virus, sia  alla guerra dei prezzi del petrolio tra i paesi produttori, è molto probabile che il numero di operazioni chiuse in perdita abbia fatto crescere gli importi presenti sugli zainetti fiscali e che, quindi, possa esserci un eccesso di offerta che ne faccia calare il prezzo.
Così come può accadere che qualcuno si ritrovi negli ultimi mesi dell'anno con minusvalenze in scadenza, che non riesce comunque a compensare con operazioni in positivo.
Anche questo potrebbe far scendere le quotazione delle minusvalenze per eccesso di offerta.
Il caso opposto si potrebbe verificare ad inizio anno o nelle fasi prolungate di rialzo di mercato, quando è più probabile che ci si trovi con le minusvalenze recuperate e lo zainetto fiscale vuoto.
Volendo cercare di pagare un po' meno del 26% di tasse su un'operazione che si stia per chiudere in positivo, si potrebbe essere disponibili ad acquistare minusvalenze a prezzi un po' più alti, ad esempio, sopra i 20 centesimi.
I tipi di minusvalenze negoziabili dovrebbero essere cinque.
Quelle in scadenza nell'anno in corso e quelle in scadenza nei quattro anni successivi.
Quindi, considerando il 2020 come anno in corso, le minusvalenze negoziabili in book differenti sarebbero: ms2020, ms2021, ms2022, ms2023, ms2024.
Va da sé che quelle più preziose sarebbero quelle con scadenza più lunga, poiché si avrebbero più anni a disposizione per utilizzarle e recuperarle.
La negoziazione renderebbe il tutto molto più democratico e fiscalmente corretto.
Questo meccanismo eviterebbe a molti investitori di dover passare a strumenti più rischiosi, come, azioni, obbligazioni in valuta, ETC o, complessi, come i derivati e i certificati, costringendoli a effettuare una operazione non consona al proprio profilo di rischio/rendimento.
Inoltre, consentirebbe di recuperare, almeno parzialmente, una quota delle perdite subite con operazioni chiuse in negativo.
Potrebbe essere, inoltre, consentito il passaggio delle minusvalenze, al valore nominale, tra zainetti fiscali di cointestatari; oppure, nel caso non si volesse dare questa opportunità, verrebbe comunque consentito di  vendere le minusvalenze a mercato da parte di uno dei cointestatari e di ricomprarle a mercato da parte dell'altro intestatario, nel caso ne avesse necessità.
Un altro aspetto da prendere in considerazione è quello delle successioni.
Allo stato attuale, in caso di decesso, vengono perse, definitivamente, le minusvalenze presenti nello zainetto fiscale del de cuius, in aggiunta a quelle generate dalla vendita degli strumenti finanziari, presenti nel Dossier Titoli del defunto al momento del decesso, eventualmente richiesta dagli eredi.
In presenza di un mercato per la negoziazione delle minusvalenze, invece, gli eredi potrebbero richiedere di ripartire le minusvalenze del de cuius in parti uguali tra gli aventi diritto, o di venderle a mercato e di suddividere il ricavato tra gli eredi, così come già si fa, attualmente, per gli strumenti finanziari intestati al defunto.
Con l'introduzione di questo nuovo mercato, lo Stato ci rimetterebbe qualcosa per il fatto che molte meno minusvalenze andrebbero in scadenza per decorrenza dei termini o per effetto dei decessi.
Lo Stato potrebbe, tuttavia, stabilire una aliquota di tassazione anche sui proventi delle vendite delle minusvalenze, e decidere se tale tassazione possa essere resa azzerabile per la presenza di altre minusvalenze ancora da compensare (oltre a quelle appena vendute), presenti nello zainetto fiscale.
In definitiva, con l'introduzione di questo nuovo mercato per la negoziazione delle minusvalenze, ci potrebbe essere un margine di guadagno anche per lo Stato.
Un vantaggio per tutti.